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Season 2019
Il 14 luglio scorso Manuela, 44 anni, ha visto la morte in faccia ed è sfuggita per un soffio all'intento del suo aggressore, che voleva ucciderla a colpi di pistola. Tre colpi sono
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Il 14 luglio scorso Manuela, 44 anni, ha visto la morte in faccia ed è sfuggita per un soffio all'intento del suo aggressore, che voleva ucciderla a colpi di pistola. Tre colpi sono andati a segno, compromettendo l'uso del braccio destro. Ma lei è viva, accanto alle due figlie, a due nipotine e al suo compagno. Quando quella sera si è trovata davanti all'ex marito, 52 anni, Manuela ha pensato soltanto a correre via. Quella fra lui e Manuela è una storia cominciata molto tempo prima, quando lei aveva solo 13 anni e lui 21. A 16 era nata la prima figlia, ma già durante la gravidanza arrivano le prime botte, per gelosia. La convivenza va avanti, con violenze ripetute alle quali assistono anche le bambine. Lei comincia a denunciarlo, nel 2008 si separano ma lui continua a seguirla e a compiere gesti violenti. Quattro anni fa Manuela conosce il suo attuale compagno e l'ex marito sembra essersi calmato. Ma non sarà così. L'uomo non sopporta che Manuela frequenti ancora sua zia e i suoi parenti. Ma soprattutto non sopporta che stia con un altro uomo. Così tenta di ucciderla. Per questo è stato giudicato l'8 gennaio 2019, con rito abbreviato, per tentato omicidio e condannato - in primo grado - a otto anni di reclusione, seguiti da tre anni di libertà vigilata.
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A 21 anni Lucia lavora in una pasticceria a Napoli e ha tanti sogni nel cassetto. Sicuramente anche quello di incontrare il grande amore. Così quando un amico le presenta un suo amico,
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A 21 anni Lucia lavora in una pasticceria a Napoli e ha tanti sogni nel cassetto. Sicuramente anche quello di incontrare il grande amore. Così quando un amico le presenta un suo amico, resta colpita da quell'uomo più grande. Lui la corteggia e lei si lascia affascinare, ma pian piano questa relazione la allontana dalla famiglia e dagli amici. Iniziano le violenze: calci, schiaffi, pugni. A scatenarle, un motivo banale come un ritardo o una discussione. Eppure, dopo le scuse, Lucia perdona il compagno, pensa che sia stressato, che non succederà più. Lui le chiede di raggiungerlo in una città del Nord per iniziare una convivenza, lei è titubante. Finché Lucia scopre di aspettare un bambino. Raggiunge il compagno ma i rapporti diventano subito difficili; le liti sono frequenti, tanto da allertare i vicini, che sentono urla e pianti. Finché il 13 febbraio 2013 - secondo il racconto di Lucia - l'uomo la prende a pugni e calci nonostante la donna incinta al quarto mese. Lei scappa e torna a Napoli. Dopo un mese, durante l'ecografia morfologica, l'uomo si presenta in ospedale e aggredisce verbalmente i genitori di Lucia. A quel punto, finalmente, la donna lo denuncia, raccontando agli inquirenti le violenze subite.
Come si sopravvive alla morte di un figlio? Lo racconterà Maria, mamma di Vincenzo. Vincenzo viveva apertamente la propria omosessualità, era attivista Lgbt, aveva vinto il concorso di
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Come si sopravvive alla morte di un figlio? Lo racconterà Maria, mamma di Vincenzo. Vincenzo viveva apertamente la propria omosessualità, era attivista Lgbt, aveva vinto il concorso di bellezza Mister Gay. Lavorava in un centro commerciale come commesso e da poco era stato assunto a tempo indeterminato. Con sua madre Vincenzo aveva un ottimo rapporto ed era molto legato a lei. La donna aveva accettato senza pregiudizi la sessualità del figlio. La giovane vita di Vincenzo s'interrompe a 25 anni in seguito a una forte gelosia da parte di Ciro, anche lui gay. Ciro non vede di buon occhio il rapporto fra la sua ex fidanzata (che è una transessuale) e Vincenzo, un rapporto che è solo di amicizia. Per vendicarsi di questo legame un giorno Ciro uccide Vincenzo a colpi di pistola e ne occulta il corpo. A distanza di anni Maria, la mamma di Vincenzo, non ha ancora un corpo da piangere. Maria è una donna che cerca di vivere con dignità il suo dolore e che per tanto tempo ha chiesto che chi sapeva dove fosse il corpo del figlio parlasse. Maria - che vuole ridare dignità allo spirito del figlio Vincenzo - vuole insegnare come si ama un figlio, al di là di qualsiasi scelta e orientamento.
Onoria nasce in provincia di Ferrara, in un paesino adagiato ai lati del delta del Po, terra di mondine e partigiani. La sua grande passione è la pittura a olio e il suo è un carattere
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Onoria nasce in provincia di Ferrara, in un paesino adagiato ai lati del delta del Po, terra di mondine e partigiani. La sua grande passione è la pittura a olio e il suo è un carattere combattivo: lo dimostrerà reagendo a un lunghissimo stalking di cui è stata vittima per anni (quando ancora non esisteva la legge che puniva le condotte persecutorie). Onoria infatti ha subito ben 25 anni di stalking dal primo marito e questa tortura non ha riguardato solo lei ma ha interessato anche i figli e il nuovo compagno. Onoria per anni è stata prigioniera di un uomo che l'ha seguita e non le ha permesso di vivere la vita con libertà e tranquillità. Una persecuzione lunghissima. La storia di Onoria sembra una storia di altri tempi in cui lo stalking si faceva con lettere e appostamenti, ma insegna anche come la legge del 2009 sia stato un cambiamento epocale per la vita di tantissime donne.
Fino al 2003 Barbara ha una vita felice. Sposata con un poliziotto, 29 anni, due figli, lavora come contabile in un'azienda edile di Palermo. Scopre di aspettare il terzo figlio e a
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Fino al 2003 Barbara ha una vita felice. Sposata con un poliziotto, 29 anni, due figli, lavora come contabile in un'azienda edile di Palermo. Scopre di aspettare il terzo figlio e a questa notizia un suo collega, da tempo segretamente invaghito di lei, reagisce male. L'uomo infatti non accetta che la donna non possa essere sua, nonostante fra loro non ci sia mai stata una relazione. Con il pretesto di un sopralluogo lavorativo, l'uomo porta Barbara in un luogo isolato e mentre lei chiama al cellulare il marito la colpisce alle spalle con quattro martellate in testa. Poi l'accoltella al ventre, causando la morte del feto. Infine la cosparge di giornali e liquido infiammabile appiccando il fuoco. Si allontana solo quando Barbara si finge morta. Pensando ai figli, la donna trova la forza di alzarsi, spegnere le fiamme e chiedere aiuto a due ragazzi che passano in macchina. L'aggressore di Barbara, incensurato, è stato considerato dai giudici colpevole di lesioni gravissime ma non di tentato omicidio. Condannato con il rito abbreviato a quattro anni di carcere, da scontare ai domiciliari, in seguito all'indulto non ne ha scontato neanche uno. Oggi l'uomo è sposato e lavora in banca. Barbara ha fatto i conti con le ustioni, le cicatrici, gli interventi chirurgici di ricostruzione. Ha perso il lavoro, ma soprattutto ha perso un figlio. Nonostante quello che le è capitato però non si è arresa: quattro anni dopo la grave violenza subita partorisce una bambina. Inoltre nel 2016 Barbara fonda l'associazione onlus "Libera di vivere", che cerca di sensibilizzare sulla violenza di genere, organizzando soprattutto incontri nelle scuole.
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